Giuliana Vitaliti affida a piante, fiori e frutti la sua poetica pittorica. Con maestria e forza espressiva trasmuta semplici ortaggi in altro…e tutto sembra straordinariamente armonico. La forza della pennellata, un sapiente uso del disegno preparatorio e un elegante erotismo di fondo supportato da una grande passione, fa si che le figure che Giuliana inserisce in questi contesti coesistano in perfetto equilibrio. La voluta dissimulazione delle proporzioni aumenta l’effetto straniante e ci suggerisce un probabile gioco di metamorfosi che da un momento all’altro sembra avverarsi. Salvo Russo
"….è proprio nella totalità dei colori la potenza vitale e la ricchezza emotiva dei suoi dipinti che sottintendono un legame intrinseco ed una interazione dialettica con l’opulenta terra sicula. Attraverso un sintetismo teso ad esaltare l’autenticità della natura, l’artista coinvolge quei sentimenti di primitiva ed ingenua felicità espressiva che rendono le tele messaggere di un linguaggio arcaico e rivoluzionario allo stesso tempo” Valentina Falcioni
Credere e investire oggi in giovani e talentuosi esponenti della pittura d'immagine catanese è da parte di questa Amministrazione, ed in particolare di questo Assessorato alla Cultura e ai grandi Eventi, non solo motivo d'orgoglio ma obbligo morale e interesse primario. Gli Istituti di Alta Cultura operanti nel nostro territorio ogni anno formano personalità artistiche di forte rilievo. Artisti in nuce che credono nel valore dell'arte e della bellezza e che con sacrificio e impegno perseguono una scelta di vita che poco ha a che fare con il pragmatismo imperante di questa nostra società. Personalmente credo che una buona politica culturale sia quella di accostare ai grandi eventi di forte richiamo turistico, scientifico ed economico (Modigliani) l'organizzazione di mostre propositive di pittori ancora non conosciuti al grande pubblico ma che meritano, per la qualità delle loro opere, di essere apprezzati e valorizzati. Il futuro è nell'arte e nella bellezza e l'arte salverà il mondo ha scritto qualcuno... e se tutto ciò è vero, come io credo sia vero, dobbiamo affidare ai giovani il compito di testimoniare nel tempo tutto ciò. A noi amministratori, studiosi d'arte, docenti... etc, il compito di creare condizioni ed opportunità, intuendo potenzialità che altri, magari, vedranno e apprezzeranno nel tempo. Assessore alla Cultura e ai Grandi Eventi Marella Ferrera
Il Museo "Emilio Greco" coerente con la sua politica culturale di apertura ai giovani artisti, ospita la mostra di una talentuosa pittrice catanese cresciuta artisticamente sotto l'ala protettiva del prof. Salvo Russo. Giuliana Vitaliti, frequentando il corso di Pittura nei suoi studi presso l'Accademia di BB.AA. di Catania, ha optato per un difficile percorso dove la conoscenza del "mestiere" emerge con maggiore evidenza rispetto ad altri rami artistici. Ella dipinge prevalentemente oggetti, che fanno da sfondo o dove sono poggiati frutta e ortaggi: dipinti che superficialmente potrebbero essere assimilati al genere della natura morta, mentre in effetti sono ben altra cosa. La denominazione natura morta, reputo sia un definizione goffa che non spiega, mentre il termine anglosassone still life rende merito ad opere che - come quelle della Vitaliti - colgono il momento topico della vita degli oggetti rappresentati, prima che essi perdano la loro bellezza e lucentezza trasformandosi: mutazione che spesse volte è metafora di "conclusione", "morte" Opere densamente cromatiche, dove l'osservatore è indotto ad "andare oltre" l'oggetto rappresentato, percependo i grumi di colore, la pennellata densa ma controllata, la cura della rappresentazione, cioè la....bottega. Reminescenze di Soutine, Guttuso, ma anche riletture di certo Espressionismo Astratto: il tutto sapientemente amalgamato, dove il grande formato valorizza l'opera e non perdona scolasticismi o dilettantismi. Ritengo che questa raffinata personale costituisca un degno contenuto per il Museo Greco e per il progetto culturale in progress che esso intende perseguire. Direttore Museo "Emilio Greco" di Catania Tommaso D'Amico
Giuliana Vitaliti dipinge in maniera luminosamente appassionata incontri di uomini e cose. Soggetti da “natura morta” che diventano più vivi di quanto lo sia la vita stessa nello sciatto e corrotto mondo d'oggi. Frutta e ortaggi che sembrano levarsi dai banchetti del mercato per discendere in mezzo agli uomini, parlando la loro lingua e cercando di riportarli alla loro umanità smarrita. Una pittura immediata e coinvolgente, che irrompe nella quotidianità, rivitalizzandola. Fin dal primo momento ho cercato di trovare l'origine di quella vibrazione estetica così profonda e, allo stesso tempo, apparentemente semplice. Però non è facile parlare dei quadri di Giuliana, perché non sono facili le cose semplici: sono celate e velate dalla loro stessa naturalezza. Alla fine però, mi è sembrato di riuscire a sollevare il velo del loro segreto ed è stata un'esperienza emozionante che mi ha accompagnato a lungo. Per cercare di ritrasmetterla racconto una storia. Se le parole sono i colori, le storie sono i pennelli dello scrittore. Qualche tempo fa ho seguito Giuliana Vitaliti nella piazza del Castello Ursino in una tiepida mattinata d'inverno. Era in corso una prova di pittura estemporanea in occasione della chiusura di una mostra di Modigliani, meditata e stimolante. Giuliana aveva dipinto un nudo femminile sdraiato, ispirato a un Nudo sdraiato del grande livornese. Ricordo ancora distintamente i riflessi purpurei e paglierini che aveva preso l'incarnato della donna, i seni rivolti verso l'alto come fossero vivi, sulla trapunta cremisi e il cuscino candido. E avevo ancora negli occhi i suoi ortaggi che vivevano dello stesso cromatismo lampante, ma che pure erano così distanti e così simili a quel corpo mollemente adagiato sul morbido teatro di posa. Che cosa univa quei due soggetti? Qual'era il segreto della mano della giovane artista? Cominciai allora a girovagare pigramente da una panchina all'altra. Quella mattina i giardinetti di piazza Federico II sembravano un po' meno spelacchiati del solito, invasi com'erano dalla folla degli artisti, delle tele e dal variegato pubblico degli ammiratori di entrambi. Visti da lontano le persone di un certo ambiente culturale sono un po' tutte uguali. Non potei fare a meno di notare uno strano personaggio che s'era fermato a dipingere qualcosa proprio accanto al quadro di Giuliana. Mi avvicinai per vedere meglio e notai che era un aborigeno australiano, un pittore. Poi mi resi conto che era proprio Billy Doo, uno dei maggior pittori aborigeni del Queensland, la regione più vergine del continente australe. La sua arte è un ponte tra la natura, l'uomo e lo Spirito. Lasciamo Billy Doo accovacciato per terra alle prese con il suo disegno, ma rimaniamo in tema di aborigeni. Giusto un secolo fa Émile Durkheim studiò con attenzione la loro civiltà nel tentativo di ritrovare le “forme elementari della vita religiosa”. Ebbe il merito di portare alla luce aspetti di una tradizione che era sull'orlo dell'estinzione. Secondo il sociologo francese, gli aborigeni riconoscono una forza anonima, non personale, che si può manifestare indifferentemente attraverso una pianta, un animale, un uomo o una rappresentazione. Ebbi l'intuizione che quella stessa forza era riconosciuta da Giuliana Vitaliti, così come lo era stata da Renato Guttuso e da Emilio Murdolo, il maestro dei carretti siciliani che aveva ispirato l'artista di Bagheria. Perchè tra la grande pittura mediterranea e quella aborigena ci sono molte più cose in comune, che differenze. Lo stesso che Guttuso aveva ritrovato alla Vucciria e che si respira ancora oggi alla Fera o alla Pescheria di Catania. Pensai che la realtà di quell'estetica profondamente radicata nei simboli e nelle tracce della storia non era un aspetto marginale o isolano. Era il carattere di tutto un popolo, il nostro popolo, un popolo i cui confini ciclicamente si dilatano fino ad abbracciare terre e lingue lontane, ma che parla a tutti lo stesso linguaggio dell'arte, dei simboli universali dell'umanità, della parola e dell'incanto. Come lo si potrebbe definire? In tema di letteratura, Roberto Bui (del collettivo WU Ming) ha parlato di New Italian Epic. É un nome azzeccato. Considerando il carattere della nostra indole - visionaria come le pitture di Salvo Russo, che ha accompagnato la Vitaliti nella sua crescita e maturazione pittorica - le immagini della nuova epica passano attraverso un'avvincente e millenaria naturalezza, che nemmeno le intossicazioni di questi ultimi decenni hanno potuto sbiadire. Pittura e poesia di amori cortesi e folli, di guerre e di pace, di mori e saraceni: come nel teatro dei pupi, dove quello che conta è il superarsi nelle virtù, nel coraggio e nell'altruismo. Una nuova epica che instilla speranza in chi ha il cuore vicino alla natura e sa ancora contemplare il cielo sopra i tetti delle case. Gianpiero Vincenzo